Polo Municipale di Gembloux

Demogo studio di architettura
Gembloux, Belgio
foto Pietro Savorelli

POLO MUNICIPALE DI GEMBLOUX

Gembloux è una città medievale della Vallonia, la sua struttura urbana densa e articolata contiene una genealogia di lento adattamento dell’architettura allo spazio fisico. L’insediamento costituisce una forma coesa di contesto fatto di stratificazioni, di corpi in aderenza uniti e resi omogenei da una dimensione materica continua. L’opera è il portato di un lungo processo teorico di riflessione sul rapporto tra interdipendenza e autonomia dell’architettura rispetto ad un contesto urbano dato, un luogo dove le preesistenze hanno sviluppato un forte carattere connotativo.
Il Nuovo Polo Municipale esplora le possibilità di un innesto per frammenti all’interno del corpo urbano storico, elementi individuali giustapposti conformano un sistema riconoscibile leggibile secondo una doppia scala: la dimensione dell’opera d’architettura, e la sua estensione al territorio, alla geografia complessiva di un habitat. La figurazione e la presenza in un sistema dato tende a produrre un’architettura di intonazione, i corpi rivestiti di rame sono variazioni formali e materiche di una geometria di base, una componente che trova le proprie regole nell’ancorarsi al patrimonio esistente.
Il Beffroi, l’Église Décanale e la Maison du Bailly sono coordinate geografiche urbane ricodificate dentro il registro dell’opera, il sistema di relazioni visive a distanza, la percezione messa a punto a partire dallo spazio pubblico offrono una possibilità interpretativa della sovrascrittura della città.

Gembloux è un progetto fondato sulla lettura urbana del contesto, è opera  di deformazione e ricostruzione del paesaggio della città, i corpi si stagliano sull’orografia variabile dello storico Parc d’Epinal, hanno un attitudine ambivalente di appartenenza ed estensione del carattere mutevole dei luoghi.
La reazione del rame nel corso delle stagioni rispetto al variare della luce marca una soggettività tra opera e percezione individuale, produce non un architettura distinta, ma una serie di opere, una sequenza di architetture non sovrapponibili perfettamente.
In Gembloux è contenuto il doppio di sé, l’appartenenza  alla propria storia urbana, ma anche la necessità di rinnovarsi in nuove interpretazioni necessarie rispetto alla discontinuità.
L’unitarietà urbana si ricostruisce nell’impianto planimetrico generale, i singoli corpi tratteggiano un limite a completare l’isolato, a riordinare un perimetro modulando il programma connettendo i corpi in una sequenza di vuoti.
L’opera è ideata per sottrarsi ad una definizione formale univoca, tenta di dissimulare i riferimenti che la compongono, resta lo spazio disegnato nella città dai corpi, resta la complementarietà tra la presenza e il rimando evocativo all’immateriale, ad un contesto più esteso, oltre i corpi delle architetture.